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Nuovo coronavirus: pandemia o epidemia? L’intervista all’epidemiologo Pier Luigi Lopalco

05 Febbraio 2020 - 06:28 Juanne Pili
Si accumulano le notizie sull'emergenza sanitaria nel Mondo. Cerchiamo di fare chiarezza su alcuni punti spesso fraintesi

Nel momento in cui scriviamo i casi accertati di nuovo Coronavirus nel Mondo sono oltre i 20mila, mentre le vittime ammontano a ̶6̶9̶7̶ 427. Il problema ha messo in crisi le capacità del Governo cinese di sostenere da solo l’emergenza: scarseggiano le forniture mediche.

Fuori dalla Cina la situazione è ben diversa. «Non stiamo parlando della peste bubbonica”, dicono alcuni osservatori; altri invece invitano alla prudenza, perché non si deve comunque abbassare la guardia, facendo attenzione a possibili falle nei controlli di frontiera.

Per avere maggiori chiarimenti su come interpretare le informazioni che ci arrivano sull’emergenza sanitaria in atto, abbiamo contattato il professor Pier Luigi Lopalco, epidemiologo e presidente dell’associazione Patto trasversale per la scienza (Pts).

Virus fuggito da un laboratorio? Non è dimostrato. Lavarsi le mani? Lo consigliamo da sempre

L’esperto spiega a Open come stanno esattamente le cose su alcuni punti, ancora piuttosto fraintesi: conteggio dei casi e delle vittime; le misure di prevenzione; cosa significa isolare un virus e perché non è importante chi arriva prima.

Come dobbiamo interpretare i conteggi che mostra la Johns Hopkins University nella sua mappa in tempo reale? Si vedono anche i guariti nell’angolo in alto a destra del box. 

«Stanno segnalando le persone che hanno dimesso dall’ospedale completamente guarite. Il conteggio totale dei casi lo prenderei con le pinze. Sarebbe meglio parlare di quanti sono i casi confermati e quanti i morti accertati. 

Chiaramente c’è anche una sottostima. In Italia abbiamo già avuto delle sottostime per il meningococco, con difficoltà a capire qual è il reale numero dei casi, figuriamoci cosa può succedere in Cina con una situazione come questa». 

Johns Hopkins University | La mappa dell’epidemia in tempo reale.

C’è anche un interessante grafico dell’Oms, mostrato dal New York Times. Da una parte abbiamo l’impennata in poco dempo della curva dei casi di novel CoV, dall’altra quella della Sars che mostra una contagiosità decisamente minore. 

«Il confronto con la Sars lo farei con molta cautela. Sono entrambi dei coronavirus, ma diversi. La maggiore differenza è nel livello di contagiosità e nella velocità con cui avviene. La Sars era una malattia più impegnativa dal punto di vista clinico, più severa e grave. Questo però la rendeva anche meno propagabile, perché i pazienti erano contagiosi esclusivamente quando c’erano dei sintomi conclamati. 

Per il novel CoV è probabile che esistano dei numeri più alti per quanto riguarda i pazienti con sintomi lievi. Questo significa che può contagiare più facilmente. Il paziente non va subito in ospedale perché è in grado di andare in giro. Abbiamo sicuramente anche dei pazienti contagiosi prima di avere i sintomi. 

Probabilmente il caso dei pazienti asintomatici non è la principale via di trasmissione, però sappiamo che esiste. Tutti questi elementi assieme, fanno sì che la velocità di propagazione sia superiore».

New York Times/OMS | Un parallelo tra la velocità di propagazione dei casi di novel CoV e della Sars

Visto che sono stati registrati dei casi anche fuori dalla Cina, sarebbe corretto definire questa emergenza una pandemia?

«Ancora non possiamo definirla così, nemmeno tecnicamente. La pandemia si verifica nel momento in cui un virus riesce a stabilirsi e circolare in più di un continente. Non basta avere un caso importato negli Stati Uniti o in Italia. 

Se quel caso italiano non fosse stato isolato, e non si fosse bloccata la cirolazione del virus, a quel punto si potrebbe parlare di pandemia, però ci dev’essere una circolazione locale stabilita. Al momento abbiamo fuori dalla Cina solo casi legati ai movimenti turistici». 

https://www.facebook.com/PLopalcoPublic/photos/a.443966255985803/1052991948416561/?type=3&theater

Ci è stato raccomandato di lavarci le mani e c’è chi corre ad acquistare delle mascherine. Sono misure giustificate?

«Quello di lavarsi le mani è un consiglio che diamo sempre ogni anno in questa stagione, per tutte le malattie respiratorie, quindi va benissimo. Per quanto riguarda l’uso della mascherina è bene essere chiari: non protegge l’individuo dal contagio. Serve a chi ha già una malattia respiratoria in atto, perché vuole impedire di contagiare gli altri; a quel punto la mascherina è utile».

EPA/Bagus Indahono | Mascherine usate dagli addetti ai lavori in un aeroporto indonesiano.

Cosa si intende esattamente quando si parla di isolamento del virus? A cosa serve?

«Un virus è isolato quando viene identificato e coltivato. Non si tratta quindi solo di avere la sequenza genetica. Parliamo di avere il virus “vivo e vegeto” che si moltiplica nelle colture cellulari. 

Questo è un fatto importante, anche se non siamo stati i primi. Grazie a questo risultato, ora possiamo utilizzarlo nella ricerca, per tutti gli esperimenti del caso.

Può servire per trovare un vaccino, testare farmaci antivirali, conoscere i meccanismi del virus, la sua pericolosità e patogenicità. Più banalmente, potremmo studiare la sua resistenza all’ambiente esterno, oppure quanto è sensibile ai disinfettanti». 

ANSA/Giuseppe Lami | L’ospedale Spallanzani di Roma, dove è stato isolato il virus in Italia.

Sarebbe possibile studiare anche le mutazioni del virus in laboratorio?

«Un virus a Rna può avere delle mutazioni nelle colture cellulari, anche se sono sicuramente meno importanti, rispetto a quelle che un virus normalmente ha nella circolazione. Le colture cellulari sono standardizzate, hanno a che fare con cellule identiche.

Inoltre, i virus coltivati in laboratorio non sono sottoposti alla pressione di un sistema immunitario. Quando un virus colpisce l’uomo, ci sono alcune particelle virali che vengono uccise dal sistema immunitario. 

Quelli che sopravvivono sono virus che magari hanno delle leggere differenze, quindi nel passaggio da uomo a uomo un virus muta più facilmente di quanto lo possa fare in laboratorio. Un virus coltivato viene comunque continuamente studiato, quindi le sue mutazioni verranno valutate. 

Pixinio/ca.garcia.s | Un esempio di microbiologo intento a studiare un virus in laboratorio.

Si è parlato della possiblità che il virus possa essersi sviluppato in un laboratorio di Wuhan per poi essere diffuso, più o meno intenzionalmente. Quanto è attendibile questa ipotesi?

«La notizia riguardante il laboratorio di Wuhan non è supportata da alcuna prova. Perché dovremmo supporre questa cosa fantasiosa, quando abbiamo l’evidenza scientifica che normalmente in Natura i virus passano dagli animali all’uomo?».

Del resto il nulla non può essere dimostrato.

«Come per ogni complottismo, non si può dimostrare che questa tesi non sia vera, ma finché non vengono presentate delle prove, quella del virus uscito da un laboratorio rimane solo un’ipotesi fantasiosa». 

L’intervento di Paolo Liguori al TgCom24, sulle rivelazioni del Washington Times.

Foto di copertina: SCIENTIFICANIMATIONS.COM | Una rappresentazione grafica del 2019-nCov.

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